401: È arrivato il momento per il grande Alarico, ora re effettivo di un popolo che diventa sempre più nomade e bellicoso ...
A Costantinopoli il governo guarda con attenzione (e apprensione) agli Unni di Uldin, responsabili della morte di Gainas. La testa dello sfortunato fuggiasco viene spedita, gentile omaggio, nella capitale d’Oriente ove arriva il 3 gennaio. A Uldin, attento regista dell’operazione, vengono immediatamente spediti doni e una ambasceria per concludere un trattato. All’interno della società romano-orientale, intanto, gli effetti emotivi del dopo-Gainas non accennano a placarsi. II sentimento ostile ai Goti cresce sempre più fino a indurre l’imperatore Arcadio a congedare il magister militum Fravitta, sia a causa dei suoi legami con Stilicone, sia per la sua appartenenza ad un popolo ormai troppo odiato. Fravitta, perso il favore di Arcadio, viene immediatamente giustiziato. È la prima vittima illustre della nuova fase politica.
- Il figlio di Arcadio e di Eudossia, Teodosio Il, nato da pochi mesi viene fatto augusto.
Nell’Illirico (precisamente dall’Epiro), il 18 novembre Alarico, privato dei sussidi da Arcadio, conscio di averne perso definitivamente il favore (o forse intimorito per il pericolo crescente delle incursioni degli Unni di Uldin, alleati di Costantinopoli) e alle prese con una grande penuria alimentare, rompe il patto di alleanza (foedus) stipulato con Stilicone e si dirige con tutto il suo popolo, donne e bambini, compreso tutto il bottino degli anni precedenti, verso l’Italia, approfittando della spedizione del generale romano in Raetia e nel Noricum contro Vandali e Alani.
Varcate con grande rapidità le Alpi Giulie (il che conferma che le difese del vallo vengono superate agevolmente), dopo aver vinto Stilicone al Timavo e aver preso dopo un breve assedio Aquileia (Onorio in questo frangente è ad Altino), percorre la Postumia e si dirige a Milano. Si accampa tra la città e l’Adda, ma lontano dalle sue mura. A Roma si restaurano e rafforzano le mura. È la prima grande invasione dopo quella dell’anno 270. L’effetto è un panico generalizzato che si diffonde in tutta la penisola. La corte di Onorio (corso di gran fretta a chiudersi in Milano) cerca di dirigersi verso Arelate, in Gallia, ma è dissuasa da Stilicone. Arelate, infatti, in questi anni ha assunto una grande importanza politica e militare, diventando in pratica la Roma della Gallia.
In Gallia tutta l’amministrazione si concentra sempre più nel sud lasciando Treviri, città ormai troppo esposta agli attacchi barbarici. I foedera (patti di alleanza) di Stilicone in Gallia reggono all’urto dei barbari esterni. Ciò è dovuto in primo luogo ai fortissimi legami personali di Stilicone con i capi barbarici, una garanzia fondata sulla fiducia nutrita da questi reges nei confronti dell’interlocutore romano. II ritiro dell’esercito regolare romano da questi stati-cuscinetto evidenzia la riuscita di questa politica. II confine (limes) regge perché i reges difendono il loro territorio. (Mazzarino, pagg. 90-95)
- Prefetto della Gallia Protadio.
- Prefetti d’Oriente Aureliano ed Eutichiano.
In Africa, il 13 luglio, viene pubblicato il bando di condanna di Marcharidus, probabilmente un possidente a capo di qualche movimento ribeIlistico. La situazione resta sempre tesa anche se i partigiani di Gildone sono ormai fuori gioco. Nei concili di Cartagine che si tengono nei mesi di giugno e di settembre i vescovi cattolici africani sollecitano il governo imperiale ad emanare l’ordine di distruzione per i templi pagani ancora esistenti, il divieto per i banchetti caratterizzati da cerimonie religiose pagane, la proibizione di tenere spettacoli nelle domeniche e altri giorni festivi.
Ma tutte queste misure non possono nascondere il fatto che la chiesa cattolica resta minoritaria mentre la chiesa donatista gode, soprattutto in Numidia, di ampi consensi non solo nelle campagne ma anche nelle città! È pur vero che dopo la caduta di Gildone la parabola discendente del donatismo è ormai avviata ma in questa congiuntura di grande confusione sociale molti cattolici abbandonano la fede e accettano la disciplina dei donatisti, il cui braccio armato, i circoncellioni, persegue una politica di terrore contro i proprietari terrieri. Del resto la politica religiosa dello Stato tende a favorire la chiesa cattolica che in questa congiuntura mantiene un comportamento ambiguo. Da un lato si cerca il recupero dei donatisti, dall’altro si invitano le pubbliche autorità alla repressione dello scisma.
402
Ora la partita si gioca in Italia, tra Stilicone, generale simbolo dell’Occidente e Alarico, nuovo re di un popolo nomade ...
Stilicone, raggiunto dalle gravi notizie provenienti dall’Italia del nord, ordina una grande mobilitazione militare. Dopo aver completato l’approvvigionamento e aver curato l’organizzazione di un esercito composito, dalla Raetia si dirige verso il nord Italia con truppe regolari e foederate (può contare anche su contingenti di cavalieri alani della Pannonia e da foederati vandali). Attraversa il territorio controllato dai Visigoti (forza il passaggio dell’Adda) e arriva, tra febbraio e marzo, alle porte di Milano.
Alarico non accetta il combattimento. Leva il campo dai dintorni di Milano e si dirige verso la Gallia. I suoi informatori però gli riferiscono che i valichi alpini sono ormai tutti presidiati dalle truppe arrivate dalla Britannia e dalla Gallia. In questa congiuntura molto incerta Stilicone riesce a manovrare velocemente. Il tentativo di Alarico di prendere Hasta (Asti) fallisce. L’esercito goto pone il campo due chilometri sotto lo sbocco della Stura di Demonte nel Tanaro. In località Pollentia. In questo luogo, la domenica di pasqua del 6 aprile, Stilicone affida il comando al pagano Saulo. Questo ufficiale ne approfitta per un attacco di sorpresa. I Goti, cristiani ariani, non si aspettano un attacco in un giorno di festa e, colti alla sprovvista, sono costretti ad abbandonare il campo con tutto il bottino. Il contrattacco della cavalleria salva il resto della massa appiedata. Nello scontro il comandante Saulo resta ucciso. La battaglia lascia però le due parti su posizioni di forza sostanzialmente quasi identiche. Vengono avviate trattative e la diplomazia raggiunge una vittoria che le armi non hanno riportato. Alarico si impegna ad evacuare l’area e si dirige poi verso est. Onorio, intanto, subito dopo la vittoria di Pollentia, stima che Milano non sia più sicura e inizia a trasferire la corte a Ravenna.
L’esercito di Alarico viene nuovamente contattato da Stilicone nei pressi di Verona nel mese di agosto, dopo il suo ripiegamento. Gli Alani attaccano i Goti di Alarico per primi, costringendo il nemico ad una ritirata in un campo fortificato sulle montagne. Ma la strada del nord viene bloccata da Stilicone lungo l’Adige: la trappola è scattata. L’esercito goto, che soffre la fame, è roso pure dalle malattie e dalle diserzioni. Parte dei combattenti, Ostrogoti o Vesii, passa al servizio dell’impero.
Anche alcuni capi Goti (Ulfila e Saro), in disaccordo già da tempo con Alarico, scelgono di arruolarsi nell’esercito di Stilicone. Per Alarico la battaglia di Verona è una vera sconfitta: ha perso la moglie e i figli (a Pollentia), prigionieri dei romani, il suo esercito ha subìto perdite considerevoli e non può più, in queste condizioni, condurre alcun gioco politico-diplomatico. Per sua fortuna ha di fronte un avversario, Stilicone, che ha una mente politica e che vede distante. Il generale romano, infatti, non intende l’eliminazione del rivale. Intravvede probabilmente in Alarico un capo dalle grandi capacità, il cui peso e carisma vanno considerati con attenzione nell’interesse dell’impero. Dopo Verona, e il lasciapassare di Stilicone, la ritirata di Alarico è incruenta. Il re dei Goti, ferito nel morale ma non distrutto, con il grosso dei suoi si rifugia ancora una volta nella parte orientale dell’Illirico.
- Prefetto d’Oriente Aureliano ed Eutichiano.
403
Stilicone sistema la sua linea strategica e punta all’alleanza con alcune popolazioni barbariche ...
Parte delle truppe richiamate dalla Gallia ritornano sul limes renano. Stilicone gradualmente sviluppa la sua politica di integrazione dei barbari in una politica filogotica: per poter concludere favorevolmente il foedus con Alarico è assolutamente necessario poter offrire qualcosa di equivalente a ciò che il capo barbaro era riuscito a strappare nel 397 ad Arcadio. Intanto Alarico, insediatosi ai confini occidentali della prefettura illirica, continua con la sua politica di sostentamento del suo popolo mediante saccheggi e devastazioni dei centri della prefettura.
- Stilicone e l’imperatore Onorio soggiornano a Roma per l’intero anno.
- In Africa, a Cartagine, nell’agosto, i vescovi della chiesa donatista ricevono un invito a riunirsi in sinodo assieme ai vescovi cattolici. Ma Primiano sdegnosamente rifiuta la mano tesa: Va contro la dignità dei figli dei martiri riunirsi con i discendenti dei traditores (H. Jedin, op. cit., p. 166). Nuova ondata di violenze contro la chiesa cattolica.
- Prefetto d’Oriente Aureliano ed Eutichiano.
404
È un momento di riorganizzazione per tutti sia in Oriente che in Occidente ...
Il primo gennaio viene celebrato a Roma il trionfo di Onorio, con la sfilata delle truppe (si celebra la vittoria di Pollentia). Onorio soggiorna quasi tutto l’anno a Roma. In estate, sempre dalla ex capitale, Onori o spedisce una lettera al fratello Arcadio a Costantinopoli, uno scritto in cui l’augusto occidentale si sofferma sulle devastazioni compiute da Alarico nell’Illirico e di cui Arcadio aveva taciuto la gravità per non suscitare l’intervento di Stilicone nell’area (i rapporti tra i due imperi in realtà, al di là dei formalismi, permangono molto tesi). Il generale romano comunque è impegnato ancora nella riorganizzazione dell’esercito, un problema molto grave e che attende provvedimenti legislativi concernenti l’arruolamento di personale romano, le diserzioni, e il rapporto con i barbari foederati.
- In Africa, nel mese di giugno, nuovo sinodo dei vescovi cattolici che discute la situazione di violenza endemica provocata dai donatisti. Agostino, vescovo di Ippona, riesce ad imporre il suo pensiero: nessuna richiesta di repressione del donatismo al braccio secolare ma l’esigenza di una giustizia legittima, la necessità che di ogni caso di violenza venga appurata la responsabilità e colpiti i colpevoli. Una delegazione di vescovi africani viene inviata a Ravenna, da Onorio, per chiedere disposizioni a difesa della chiesa cattolica. In realtà si tratta di rimettere in vigore le leggi di Teodosio contro gli eretici.
- In Ravenna muore (vergine) la figlia di Stilicone, Maria, moglie di Onorio.
- Prefetti d’Oriente Aureliano ed Eutichiano.
- Prefetto di Gallia Romuliano.
405
Ora la partita si gioca in Italia, tra Stilicone, generale simbolo dell’Occidente e Alarico, nuovo re di un popolo nomade ...
Il foedus con Alarico pensato da Stilicone è quasi concluso ma la mossa di Radagaiso, l’invasione dell’Italia del nord a capo di una grande massa di Ostrogoti, Alani, Vandali e Alamanni (circa centomila) nel dicembre, costringe ad un rinvio. La linea politica tenuta da Stilicone fin qui nei confronti del problema goto è a un punto morto. La indispensabile firma di un foedus con Alarico è sempre I’obiettivo finale, che però in questo momento passa in second’ordine rispetto ai ben più gravi avvenimenti che si stanno svolgendo in Italia. E ne è conferma I’incancrenirsi dello scontro politico e sociale tra cattolici e pagani, che provoca I’estremismo di alcune frange: infatti nei circoli pagani c’è chi si spinge ad augurarsi che vincano gli Ostrogoti, almeno così è sicuro il crollo dell’impero cristiano. (Orosio - vedi G. Placidia, p. 54).
- In Italia il governo emana un provvedimento fiscale di emergenza: i proprietari di case e di negozi devono pagare la rendita di un anno. La provincia della Liguria soffre di una grave carestia dovuta alle razzie (o requisizioni) degli eserciti di Stilicone e di Radagaiso.
- 31 dicembre: Svevi, Vandali e Alani (in strana concomitanza con IOavvenuta incursione di Radagaiso) attraversano il Reno ghiacciato. (vedi p. 488-489 acc. Lincei) Muore in battaglia contro i Franchi il re vandalo Godigiselo. Gli succede Gunderico.
- A Costantinopoli, alla Prefettura del Pretorio d’Oriente, si ha la sostituzione del dimissionario Eutichiano, con Antemio, uomo deciso ed abile.
- Prefetto di Gallia Petronio.
- A Costantinopoli, il 12 febbraio, l’imperatore Onorio dopo aver ricevuto la delegazione africana della chiesa cattolica proclama un editto d’unione, ove i donatisti vengono assimilati agli eretici. Le chiese dei donatisti vanno trasferite alla chiesa cattolica, vengono proibite le riunioni, mentre per i vescovi e i chierici che si dichiarano contrari alla chiesa cattolica è l’esilio.
- In Africa a Cartagine si hanno dei tumulti a causa della pubblicazione di una ordinanza di Onorio, in data 5 marzo, diretta al proconsole Diotimo, con cui si inaspriscono le misure repressive contro gli eretici (si combatte la pratica della reiterazione del battesimo). Nell’agosto viene tenuto un concilio, mentre a dicembre un’altra disposizione di legge ribadisce l’obbligo per le autorità pubbliche di esigere dai donatisti la multa stabilita per gli eretici.
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La rottura del limes sul Reno comporta il crollo del controllo territoriale sulle Gallie. Dopo questa data la civiltà romana a nord delle Alpi non sarà più la stessa ...
Oltrepassato il Reno la moltitudine polietnica dei barbari invasori si inoltra nel territorio della Gallia, nonostante la fortissima difesa dei Franchi foederati. Il paese viene in parte devastato e anche Treviri, con la residenza imperiale, viene distrutta. Nello stesso momento entra in crisi anche la Britannia, dove vi sono incursioni degli Scoti e dei pirati sassoni.
Ma il disastro maggiore è senza dubbio quello verificatosi sul limes del Reno. La notizia dell’invasione nella Gallia arriva presto anche in Britannia e suscita grandi apprensioni e contrasti tra le truppe. Un ufficiale superiore, Flavio Claudio Costantino, viene acclamato imperatore dai soldati. La vicenda potrebbe essere letta come una reazione all’inettitudine del centro dell’impero e alla politica di Stilicone.
Infatti Stilicone davanti all’avanzata del grosso esercito di Radagaiso (Ostrogoti) in Italia prende la sofferta decisione di ritirare parte delle legioni limitanee presenti sul Reno, sguarnendo di fatto le difese. E non è un caso che la pressione dei barbari sul limes si sia verificata in sospetta concomitanza con la manovra di Radagaiso in territorio italico degli inizi di gennaio.
Perfettamente informato della situazione, Costantino III, l’usurpatore della Britannia, non perde tempo. Gli invasori barbari infatti, dopo la rottura del limes sul Reno, si dirigono in grandi gruppi verso il nord e verso il sud della Gallia, aggirando il Massiccio Centrale, sprovvisto di strade romane. La valle del Rodano per il momento è difesa egregiamente da numerose città e presidi, e i Pirenei, presidiati saldamente, respingono i barbari. Ma non c’è molto tempo a disposizione. Oltre alle devastazioni prodotte nella Gallia il pericolo di una invasione per mare della Britannia non é da sottovalutare. Perciò le legioni britanniche attraversano la Manica e sbarcano in gran fretta in Gallia, a Bononia (Boulogne) per fronteggiare le bande di Alani, Svevi e Vandali che si attardano nei saccheggi nella parte occidentale, mentre il grosso sta ripulendo il centro e il sud dell’area.
L’azzardo riesce: il successo militare arride alle legioni romane di Costantino che dimostrano di essere un baluardo efficace contro questi barbari.
In Italia nel frattempo Radagaiso conduce con decisione la sua spedizione. Stilicone lo tallona. Il popolo armato degli Ostrogoti si ripartisce in tre grandi gruppi. Il maggiore, guidato dallo stesso Radagaiso, viene fermato nei pressi di Fiesole da un esercito organizzato in gran fretta da Stilicone con l’apporto anche di contingenti di Alani, Unni e altri Goti guidati da Saro.
Per l’occasione Stilicone si rivolge anche alla leva romana: si arruolano, come non accadeva da anni, anche milizie provinciali, schiavi e coloni romani, per un totale di trenta reggimenti.
Radagaiso, sconfitto, viene fatto prigioniero e giustiziato il 23 agosto. Dodicimila Goti vengono arruolati nelle fila dell’esercito romano da Stilicone. All’inizio dell’autunno i resti delle bande barbariche si disperdono o rientrano nell’Illirico. Matura la decisione di Stilicone di abbreviare i tempi del foedus con Alarico per l’Illirico.
Il giovane Aezio, nato all’incirca nel 390 a Durostorum (Danubio), tribunus et notarius praetorianus, cioè segretario e stenografo della cancelleria imperiale, figlio di Gaudenzio, alto notabile dell’impero, viene consegnato ai Visigoti come ostaggio dalla corte di Ravenna.
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Stilicone cerca di portare avanti il suo programma politico avente come fine la riunificazione dell’impero ...
In Germania l’esercito regolare di presidio romano (formato in gran parte da Alani che avevano defezionato) è sconfitto a sud di Magonza dai barbari invasori. Costantino III affida il comando delle truppe dislocate in Gallia ai comandanti Giustiniano e Nebiogaste. Egli stesso giunge in Gallia a Bononia (Boulogne) in Belgica Inferiore e assume il comando supremo di tutti gli eserciti romani fino alle Alpi.
Ma una usurpazione così vistosa ed efficiente per il governo di Onorio non è accettabile, anche perché è frutto di una sollevazione militare. Un brutto precedente. A Ravenna, per questo motivo, ci si dà subito da fare per organizzare una spedizione legittimista da inviare in Gallia contro Costantino.
La spedizione, guidata dal goto Saro (già ufficiale di Alarico) con truppe germanico-imperiali, incontra l’esercito britannico guidato dal magister Giustiniano che viene sconfitto e ucciso. Costantino, con le sue truppe, si chiude invece a Valenza, sul Rodano, e si difende. Nebiogaste (ufficiale dell’usurpatore), intanto, si incontra con Saro, ufficiale di Onorio, per concordare una tregua ma quest’ultimo lo uccide a tradimento.
Costantino nomina allora due nuovi comandanti, Geronzio, nativo della Britannia e il franco Edobinco. Ma la campagna di Saro termina qui perchè, tallonato dalle forze di Costantino, deve ritirarsi verso l’Italia, varcare le Alpi comprando l’accesso ai passi alpini, donando il bottino ai bacaudae (ribelli) locali. In effetti le truppe romane, molto più accorte del governo di Onorio, preferiscono nei fatti riconoscere l’usurpatore.
Una difesa della Gallia senza un imperatore gallico era ormai impossibile ma Stilicone concepisce l’impero come un tutto unico. La sua strategia prevede di usare strumentalmente la forza militare dei Visigoti di Alarico contro Costantino in Gallia, ma il piano non può essere attuato. Costantino, al di là dei proclami del governo di Ravenna (imbestialito per la sedizione militare), si rivela invece l’unico baluardo efficace contro le conseguenze della rottura del limes renano.
Nel frattempo in Italia Stilicone lavora intensamente per arrivare ad un accordo nuovo (foedus) con Alarico. Ma non è più l’antico foedus tra l’impero e uno stato “cliente”. Alarico, con le nuove regole, acquista molte più libertà sostanziali in cambio di una formale adesione e obbedienza all’impero d’Occidente (il magisterium militum per Illyricum).
A capo dell’amministrazione civile dell’Illirico Stilicone nomina Iovio e consegna degli ostaggi (Aezio e altri) ad Alarico a garanzia del patto. Così due magistrati dell’impero, perchè, tale deve essere considerato a questo punto Alarico, si scambiano ostaggi per potersi fidare uno dell’altro!
Ma al di là delle forme la situazione é ancora più difficile nella realtà. Infatti, oltre ai due protagonisti del foedus, c’è pure un terzo protagonista assai scomodo, l’impero d’Oriente. Quest’ultimo regge le province illiriciane oggetto delle mire di Stilicone. Nella zona vi sono perciò truppe regolari romane orientali con cui sussiste un grave pericolo di conflitto. L’accordo, in pratica, significa un intervento diretto, chiamiamola una ingerenza armata, contro l’impero d’Oriente. Secondo i piani di Stilicone e secondo il patto stipulato con Alarico, i Goti avrebbero dovuto fare da apripista, occupando l’Illirico e l’Epiro, sostenuti dalla flotta occidentale. Sarebbe stato il coronamento dei sogni di Stilicone, e avrebbe voluto dire una cosa sola: la direzione politica unica dell’impero.
Ma a Costantinopoli si è all’erta. Il 9 aprile le truppe orientali si mobilitano contro la temuta invasione di Alarico. Stilicone, per l’occasione, è a Ravenna a preparare la spedizione. Ma il generale è costretto ad un rinvio poiché giungono notizie drammatiche dalla Gallia e dalla Britannia. Sul Reno (come si può constatare sopra) le difese sono superate da una massa imponente di popoli barbarici (Alani, Vandali, Svevi). La falsa notizia della morte di Alarico confonde ancora di più le idee in questo momento molto importante.
Stilicone si precipita a Roma per un consulto con Onorio. Serena si oppone alla spedizione e influenza Onorio che invia ad Alarico una lettera in cui in pratica il foedus viene dichiarato nullo. È un colpo basso diretto a tutta la politica di Stilicone, un grave affronto al partito filo-barbarico. A causa di questi giochi politici ad Alarico non resta altro che gonfiare i muscoli, fare la faccia feroce per cercare di strappare quanto più possibile ad una classe politica che giudica inaffidabile. A rimetterci, ovviamente, sono le popolazioni dell’Illirico occidentale che, terrorizzate per i movimenti di Alarico, affluiscono attraverso il passo di San Girolamo dalla Dalmazia, Pannonia, Savia, nei territori d’Italia, provocando a loro volta tumulti tra le popolazioni italico-romane che li considerano, in un primo momento, dei barbari.
Stilicone, in dicembre, dà in moglie ad Onorio la figlia Termanzia, pur sapendo che l’imperatore è impotente. A Stilicone interessa ovviamente arginare le manovre del partito romano-tradizionalista e il nuovo matrimonio blocca per il momento i tentativi di liquidare il potere ottenuto nell’amministrazione politica e militare dello Stato.
- In Italia esce un editto imperiale nel quale si dichiara che l’eresia è violazione di diritto pubblico, dato che qualsiasi reato contro la religione ricade sulla collettività. (p. 79 G. Placidia)
- Nel mese di settembre muore in esilio a Pitiunte, sulla costa orientale del Mar Nero, il vescovo Giovanni Crisostomo, sostenitore della supremazia della Chiesa nei riguardi dello Stato.
- In Africa si tiene l’undicesimo concilio della chiesa cattolica nel corso del quale si rinnovano all’imperatore le consuete richieste di un intervento organico contro l’eresia (soprattutto donatista). Nel mese di dicembre l’imperatore riconferma le leggi contro il movimento donatista avendo cura di concedere il condono delle pene agli eretici che intendano aderire alla chiesa cattolica.