MATERIALI PER L’ORIENTAMENTO STORICO RELATIVI ALLA REGIONE VENETIA ET HISTRIA A PARTIRE DAGLI ANNI 360 d.C. FINO ALLA FINE FORMALE (476 d.C.) DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE.
431: Anche l’Oriente cerca di fermare i Vandali ma non ci riesce. Intanto in Occidente la politica è solo intrigo e tentativi di colpi di stato ...
In Spagna gli Svevi di re Ermerico rompono la tregua di fatto (rispettata fin dal 418) e compiono scorrerie nei territori romani.
In Britannia Germano continua nella sua opera contro l’eresia pelagiana e contro i Sassoni. Ma deve guardarsi anche da re Vortigern che aspira al controllo di tutta l’isola.
In Africa i Vandali tolgono nel mese di agosto l’assedio a Ippona.
Teodosio Il, che non vuole a Cartagine un popolo barbarico esperto nella pirateria marittima, accoglie la richiesta di aiuto di Galla e di Bonifacio e invia un corpo di spedizione guidato dal magister militum Aspar. Bonifacio ed Aspar, con le forze congiunte tentano di dare battaglia a Genserico in campo aperto ma hanno la peggio. lppona si arrende senza opporre resistenza, ma la guerra va avanti anche perché le truppe romane possono fare perno sulla difesa di Cartagine.
Aezio intraprende una spedizione militare nel Noricum, poi in Vindelicia contro gli Alamanni.
Galla Placidia cerca di disporre le sue pedine in vista della resa dei conti con Aezio. In questo senso va letta la nomina alla Prefettura d’Italia di Virio Nicomaco Flaviano Junior, figlio dell’ufficiale dell’usurpatore Eugenio sconfitto nella battaglia del Frigidus (vedi anno 394). Pur di radunare tutte le forze disponibili la cattolicissima imperatrice con spregiudicatezza giunge a riabilitare la famiglia (pagana) dei Nicomachi. Si stringe l’accordo anche con i Caeionii-Decii. In antitendenza il rappresentante più autorevole della famiglia degli Anicii (favorevole a Aezio), Petronio Massimo, riceve la carica di Prefetto Urbano.
In Spagna continuano le ostilità tra gli Svevi e le truppe provinciali romane. Re Ermerico respinge le richieste di aiuto del re visigoto Teodorico l. La situazione permane sempre tesa e la continua guerriglia con gli Svevi induce gli abitanti di Acquae Flaviae, in Galizia, ad affidare alloro vescovo Idazio il compito di raggiungere Aezio per ottenere la soluzione della questione sveva.
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Aezio e Bonifacio sono ora di fronte. Vincerà chi sarà il più abile nel manovrare i rispettivi seguiti barbarici ...
Aezio nel frattempo si trova in Gallia alle prese con i Franchi Ripuari. In primavera li sconfigge e sigla con loro un trattato di pace. Poi rientra in AreIate. Qui trova il vescovo Idazio, che nei primi mesi dell’anno ha anch’esso raggiunto la città gallica, che lo aspetta per parlargli della situazione della Spagna sconvolta dalla guerriglia con gli Svevi. Ma Aezio non ha truppe da distaccare in Spagna, è preoccupato della situazione delle Gallie e deve stare attento ai maneggi dell’imperatrice madre e della corte di Ravenna. Può solo affidare al comes Censorio l’incarico di aprire trattative con il re degli Svevi Ermerico.
Questa linea d’azione del cattolico Aezio è in perfetta unità d’intenti con l’episcopato spagnolo che gli aveva inviato Idazio e rappresenta la continuità politica di un programma di assimilazione delle genti barbare, con la garanzia di un accordo di foedus. Nel corso dell’anno le trattative vanno avanti, poi incontrano delle difficoltà quando Aezio viene allontanato dal potere.
Il 24 marzo Placidia ispira la pubblicazione di una legge che conferisce nuovi privilegi alla burocrazia di corte. Il progetto di Placidia è di emarginare dalle cariche dello stato tutti gli uomini di Aezio, ma non può negare al suo nemico di rivestire il consolato.
La guida delle operazioni in Africa viene affidata per intero ad Aspar mentre Bonifacio, in autunno, viene richiamato a corte, a Ravenna, con la promessa di ricevere la carica di magister peditum d’Occidente al posto di Aezio. Lo sbarco di Bonifacio con i suoi buccellarii sorprende Aezio, ancora in Gallia. Bonifacio ha tutto il tempo di recarsi a contare i suoi sostenitori in Senato a Roma, poi di raggiungere a Ravenna l’imperatrice, accettando le cariche che Placidia gli aveva promesso.
Bonifacio, dunque, è il nuovo magister militum e, quel che più conta, è padrone d’Italia (dopo tanti anni passati nello strategico avamposto africano). Aezio, arriva rapidamente in Italia, analizza la situazione, nota lo sfavorevole rapporto di forze e decide di fortificarsi in un suo possedimento in attesa del trascorrere dell’inverno.
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Bonifacio muore ma Aezio è costretto a rifugiarsi presso gli Unni per riorganizzare il fronte dei suoi seguaci ...
In Italia Aezio e Bonifacio trascorrono l’inverno studiandosi a vicenda. Lo scontro è inevitabile ma occorre attendere la primavera. Con la buona stagione Aezio si dirige con le sue forze verso Ravenna. Bonifacio, che riveste la carica di comandante dell’esercito, ha una supremazia schiacciante. Forse è lo stesso Aezio a richiedere un duello personale, tra lui e Bonifacio. La richiesta viene accettata. Ma sul terreno resta Bonifacio, ferito. La battaglia però, poi, volge al peggio per Aezio che è costretto alla ritirata sulle sue posizioni fortificate. Deve però abbandonare anche queste, si reca quindi a Roma poi al suo porto dove prende una nave che lo trasporta in Dalmazia.
Qui ha la possibilità di recarsi dai suoi amici unni del re Rua (ove è stato ostaggio per parecchi anni) per averne l’appoggio. Placidia, a Ravenna, prende atto della morte di Bonifacio (certamente un ottimo soldato e un fedele sostenitore dell’imperatrice madre) e nomina un nuovo magister militum nella persona di Sebastiano, un fervente cattolico che aveva sposato una figlia dello scomparso comandante.
Nella Spagna lo scontro tra forze romane provinciali e Svevi di re Ermerico riprende come conseguenza dei fatti politici di Ravenna. Censorio viene richiamato e sostituito da un uomo di fiducia di Bonifacio. Ermerico reclama il foedus (che non è solo una garanzia per i romani ma lo è a maggior ragione anche per gli Svevi che si sentono legittimati da tale accordo) e invia in Italia il vescovo Simfosio. Questi affronta il successore di Bonifacio, il magister militum Sebastiano, con cui non riesce a concludere un accordo soddisfacente per le parti.
In Italia la congiura antiaeziana ha le ore contate. In carica Sebastiano dura poco: Aezio, con I’aiuto degli Unni o con le forze dei suoi sostenitori (non si dimentichi le truppe lasciate in Gallia) manovra per recuperare rapidamente tutte le posizioni di potere. Raggiunto lo scopo di recuperare le cariche militari Aezio ricompensa gli Unni con il riconoscimento del loro stanziamento (foedus) in Pannonia e invia loro come ostaggio (nonostante la morte del re Rua) il proprio figlio Carpilione.
- In Africa Aspar, stanziato a Cartagine, si mantiene (con prudenza) al comando di ciche resta dei possedimenti romani in Africa.
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Sconfitta la componente tradizionalista Aezio torna al governo per restarci per lungo tempo ...
Nei primi mesi dell’anno Aezio è di nuovo al governo dell’impero, ma ora da posizioni di forza dopo avere superato gli avversari interni.
Giungono brutte notizie dalla Belgica I: i Burgundi di re Gunther con l’appoggio di Alani e di Franchi Ripuari, ribellatisi, occupano la regione. All’interno della Gallia scoppia nuovamente la rivolta dei Bagaudae, il movimento ribellistico si estende anche alla Spagna.
In Africa al comando delle forze romane è sempre in carica il magister peditum orientale Aspar, che riveste il consolato a Cartagine. Aspar, che ambisce a lasciare l’Africa per potersi recare nella capitale d’Oriente, per controllare da vicino le leve del potere, segue anch’esso le linee della politica di Aezio, di non ostacolare troppo l’espansionismo vandalo di re Genserico. Aezio ha infatti bisogno di operare con tranquillità nel continente, poiché avverte i sinistri rumori di un probabile prossimo confronto con i Visigoti, per lui la vera minaccia.
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Aezio fa subito le prime mosse: tregua con i Vandali di Genserico e mani libere con i Visigoti in Gallia ...
In Africa anche il re dei vandali Genserico cerca una legittimazione. Valuta la forza del nuovo governo presieduto da Aezio, riflette sui rischi di una lotta ad oltranza e, alla fine, accetta la trattativa. Aezio, anche per l’Africa, si dimostra coerente con la sua politica di sempre: un trattato di pace (firmato ad Ippona, prima residenza del re vandalo, l’11 febbraio dal negoziatore imperiale Trigezio) riconosce a Genserico il possesso (come federato) dell’Africa Tingitana, della Cesariense e della Sitifense oltre alla Numidia. Cartagine, con la Proconsularis e la Byzacena (il granaio di Roma) restano romane.
I Vandali si impegnano al pagamento di un tributo annuo, probabilmente in natura, per provvedere di viveri l’Italia e consegnano come ostaggio il figlio di Genserico, Unnerico. Si cerca di favorire lo status quo, ma la situazione alle frontiere è in continuo movimento e, dopo un breve periodo (quattro anni, fino al 439) in cui le parti restano sulle loro posizioni, il patto con Genserico si rivelerà solo un pezzo di carta. Ma è sufficiente tale tregua per permettere ad Aezio di guardare alla Gallia con più tranquillità.
- In Gallia continua furiosa la rivolta dei bagaudae guidata da Tibattone, contrastata dalle truppe gote foederate.
- Aezio, che è in Italia e nel corso dell’anno riceve il titolo di patricius, invia il fido Merobaude nella zona alpina occidentale per eliminare le bande dei Bagaudae che impediscono le libere comunicazioni con la Gallia.
- In Italia il prefetto è Petronio Massimo.
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Non si sa se Aezio in persona dia l’ordine di sterminare i Burgundi o se sia iniziativa dei suoi fidi Unni ...
Gli effetti del compromesso siglato con re Genserico in Africa non tardano a farsi sentire. In Gallia Aezio riorganizza le forze, concentra gli sforzi della sua diplomazia per convincere i foederati a fornire uomini all’esercito. Ma gli scricchiolii sono numerosi. In Armorica prosegue la rivolta dei Bagaudae. Maggioriano difende Tours. Litorio, con gli ausiliari unni, soffoca la rivolta.
Aezio, ormai saldamente insediato al posto effettivo di comando dell’impero, intraprende una campagna militare contro i Burgundi nella zona del medio Reno.
I Burgundi rappresentano un pericolo non solo militare ma anche economico per lo stato romano. L’arte della carpenteria di questo popolo urta gli interessi delle categorie dei possessores romani che tendono al monopolio dei trasporti di merci (vino e tessili). Per questo motivo la strategia di Aezio nei confronti di questo popolo è diversa da quella adottata verso i Visigoti: questi sono da vincere, i Burgundi invece sono da distruggere. Non è certo però se sia Aezio a dare l’ordine per una distruzione sistematica e completa dei loro insediamenti.
Tra gli storici si discute ancora oggi se vi sia stato anche l’aiuto degli Unni. In ogni caso Aezio viene validamente coadiuvato dal nobile gallo Eparchio Avito che guida un’armata di ausiliari composta da Franchi Salii, Franchi Ripuarii, Sarmati, Eruli, Alani. Il re dei Burgundi Gundahar, viene sconfitto in battaglia e ucciso. La campagna si conclude in un grande ed orribile massacro. Con questa mossa Aezio rinsalda la frontiera renana, e soprattutto usa questa lezione data ai Burgundi per lanciare un monito agli altri popoli dell’area (soprattutto i Franchi). Litorio durante questa ultima fase della guerra muove invece le truppe contro i Goti (che assediano Narbona) ma soprattutto contro i Bagaudae.
Galla Placidia invia a Costantinopoli, in missione, il massimo rappresentante della famiglia romana dei Caeionii-Decii, Rufio Antonio Volusiano, per tessere accordi in vista dell’imminente matrimonio tra Valentiniano III e la figlia di Teodosio II, Eudossia.
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Aezio si preoccupa ora dei Visigoti, popolo fiero e civile che ha le capacità per diventare nazione e che, per questo è pericoloso ...
In Gallia Aezio dopo aver concluso la campagna contro i Burgundi impegna parte delle truppe per reprimere la rivolta dei Bagaudae riuscendo a catturare, grazie agli sforzi del suo secondo ufficiale, Litorio, il capo dei ribelli, Tibattone. A rivolta conclusa Aezio e Litorio rivolgono la pressione militare contro i Visigoti, che sono una spina nel fianco dell’impero. In primavera la città di Narbona è liberata (dalla cavalleria unna di Litorio) dall’assedio di Teodorico I. La città viene rifornita di viveri. Per il resto dell’anno la guerra contro i Visigoti continua senza grandi scontri di rilievo.
In occidente si festeggia il doppio consolato di Aezio e di Sigisvulto. I sapienti dosaggi dei rappresentanti delle famiglie che contano bilanciano i rapporti di potere. Ad Aezio filo barbarico viene contrapposto Sigisvulto, romano tradizionalista, con grande esperienza militare e uno dei più abili ufficiali (dopo Aezio) di Valentiniano.
Valentiniano III (che ha compiuto diciotto anni e si è reso formalmente autonomo dalla madre Galla Placidia) il 21 ottobre arriva a Costantinopoli accompagnato da dignitari occidentali, tra cui alcuni membri della famiglia degli Anicii, (l’amico di Aezio e prefetto d’Italia Anicio Acilio Glabrione Fausto). Una settimana dopo, il 29 ottobre, sposa Eudossia, figlia di Teodosio II, imperatore d’Oriente.
- Censorio assieme ad un altro ambasciatore, Fretimundo, arriva in Galizia (Spagna) per cercare di riprendere il filo spezzato della trattativa con gli Svevi di re Ermerico (vedi cercare di riprendere il filo spezzato della trattativa con gli Svevi di re Ermerico (vedi anno 433).
- In Africa il re vandalo Genserico pronuncia una condanna nei confronti di tre vescovi, Possidio di Calama, Novato di Sitifis e Severiano di Milev. I tre ecclesiastici vengono privati della loro carica e gettati fuori delle loro città. Altri cinque romano-ispanici che lo avevano seguito come consiglieri nelI’avventura africana vengono condannati per motivi di carattere religioso.
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Aezio si preoccupa di tenere calmi i Visigoti, mentre la fazione antibarbarica preme e prepara la guerra ...
In Gallia Aezio intensifica il ritmo e la portata delle operazioni militari contro i Visigoti. Costretti allo scontro frontale quest’ultimi ricevono una sonora sconfitta (battaglia del mons Colubrarius) con perdite ingenti (8000 morti).
In Italia il 15 febbraio viene promulgato il Codex Theodosianus. L’imperatore Valentiniano III con la sposa (e Merobaude) rientrano in Roma da Costantinopoli. L’8 luglio Valentiniano III condona tutte le tasse arretrate fino al 31 agosto del 436.
- Aezio ritorna a Roma verso la fine dell’anno dopo aver normalizzato la situazione nella Gallia. Lascia in zona Litorio a sorvegliare i Visigoti, che non si allontanino dalla loro Aquitania. Un importante appuntamento istituzionale infatti (la presentazione al Senato del Codex Theodosianus) riunisce nella vecchia capitale i principali comandanti dell’impero dell’Occidente.
La riunione si tiene nella casa di Anicio Acilio Glabrione Fausto, poiché la Curia è ancora danneggiata a causa del terremoto. Ma alla corte di Ravenna c’è chi lavora indefessamente per rovesciare l’equilibrio delle forze. Con Aezio impegnato nei festeggiamenti la fazione antibarbarica considera che questo sia il momento più opportuno per mutare radicalmente gli indirizzi di politica estera (e quindi militare). I circoli romano-tradizionalisti (i Caeionii-Decii) e lo stesso sovrano, Valentiniano III, prendono rapidamente in mano le redini del governo e decidono la guerra ad oltranza contro i Visigoti.
Per la Spagna succede la stessa cosa: in questi mesi la mediazione di Censorio nella trattativa con gli Svevi di re Ermerico sembra avere successo. Un patto di foedus viene firmato ma una grave malattia colpisce il re e nel corso dell’anno gli succede il figlio Rechila. Questi rischia di compromettere l’esito della trattativa. Quasi contemporaneamente Valentiniano (come abbiamo visto già per l’area della Gallia), che intende praticare una politica estera antiaeziana e antibarbarica, sceglie la linea dura dell’intervento militare.
Viene nominato un comandante militare per la Spagna (Comes Hispaniarum) nella persona di Andevoto e vengono inviate truppe in gran numero. Con queste premesse la guerra diventa inevitabile. Ma questa politica non paga: Nell’autunno le forze sveve sconfiggono le forze romane presso Jenir. Purtuttavia lo scontro non è risolutore del conflitto e la guerra continua.
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Aezio vuole tenere calmi i barbari ma le forze romane tradizionaliste gli sono ostili...
In Gallia, nella primavera, il magister militum Galliarum Litorio, pagano, liberata dall’assedio dei visigoti la città di Narbona, rivolge le sue forze contro Tolosa, in pieno territorio visigoto (Aquitania). Aezio aveva dato a Litorio direttive esplicite, non provocare mai i barbari nei loro territori, evitare il conflitto campale il più possibile, privilegiare la via diplomatica. L’attacco a Tolosa è un rovesciamento completo della politica aeziana di paziente opera di integrazione e di contenimento di queste popolazioni attraverso lo strumento del foedus.
Ma il cambiamento di strategia militare, voluto dall’inetto imperatore Valentiniano III, produce l’ennesima sconfitta. Litorio stesso viene fatto prigioniero e ucciso poi in Tolosa (forse per fare un piacere ad Aezio?). Per cercare di riprendere in mano la situazione, raddrizzata in parte per merito di Viterico, comandante in seconda di Litorio, Aezio è costretto ad intervenire di persona. Conduce le truppe in una seconda battaglia che per lui deve essere risolutiva. Ancora una volta la spunta ma per poco. Comunque il secondo scontro di Tolosa lascia spossati entrambi gli schieramenti. È indispensabile continuare le trattative.
Teodorico, il re dei visigoti, decide per la pace, nonostante gli alti e bassi della politica ravennate, grazie anche alla mediazione di Avito, nobile gallo-romano, nonché in quest’anno prefetto delle Gallie. E il foedus ancora una volta viene firmato (viene rispettato sino al 452-453, vedi anni relativi). Aezio, dopo la pace con i Visigoti, dispone di stanziare presso le rive del Rodano, a Valenza, in una zona spopolata, una nutrita colonia di Alani. La loro funzione è di sorvegliare il territorio e di respingere eventuali scorrerie dei Visigoti. Un altro gruppo viene stanziato presso Aurelianum. Grazie alla autorizzazione di Aezio queste popolazioni dividono le terre accordandosi con i proprietari gallo-romani.
- In Spagna Censorio deve assistere al naufragare dei suoi sforzi diplomatici. La guerra con gli Svevi continua e il magister militum Andevoto subisce una ulteriore sconfitta: cade la città di Emerita (Merida).
- In Africa Geiserico, il 19 ottobre, con le sue truppe vandale occupa con un colpo di mano Cartagine. Il re vittorioso costringe le classi possidenti, i senatores e gli altri ricchi proprietari terrieri ad abbandonare ogni avere e ad imbarcarsi per l’Italia. Viene espulso anche il vescovo cattolico Quodvultdeus. Geiserico destina alla propria famiglia i possedimenti dell’ovest, i cui proprietari sono senatori fuggiti o comunque non residenti. I migliori possedimenti della Proconsularis li consegna alle famiglie delle truppe vandale a titolo ereditario ed esenti da imposte.
- Dopo la presa di Cartagine i Vandali compiono veloci scorrerie sulle coste della Campania e in Sicilia. Nella penisola si teme un’invasione: è la prima grave crisi che Valentiniano III deve affrontare, e proprio quando Aezio è impegnato in Gallia con il grosso delle truppe. Ad aggravare la situazione il fatto che Valentiniano ora è maggiorenne, e che intende, oltre che affrancarsi dalla tutela di Galla Placidia, anche contrastare le linee di politica estera del governo di Aezio. In ciò è appoggiato dalla moglie, la principessa orientale Eudossia, figlia di Teodosio II (vedi anno 437).
- Valentiniano, imputando ad Aezio la perdita di Cartagine, compie delle mosse politiche che dimostrano una quanto meno parziale contrapposizione alla strategia del suo patricius: infatti nomina magister equitum Sigisvulto, ufficiale che fa parte della fazione antibarbarica, collegato alla potente famiglia dei Caeionii-Decii.
- In Italia Valentiniano III il 28 agosto promulga una legge che regola la successione dei beni dei curiali, cioè di coloro che avendo cariche nel municipio hanno fatto la scelta di abbracciare il sacerdozio cattolico. Questo provvedimento ha lo scopo di evitare che il municipio risulti economicamente danneggiato.
- Il prefetto del pretorio d’Italia è Petronio Massimo.
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A Costantinopoli vengono rinforzate le mura per opera di Ciro.